
SOCIETA'/CULTURA/COSTUME
Il primo articolo di questa pagina si intitola Fratelli d'Italia. Nel primo paragrafo spiego cosa mi ha spinto a scriverlo e da dove ho preso lo spunto. Lo considero il più importante di tutti, sia perchè l'argomento è serissimo, sia perchè è stato il primo che ho scritto, mi è stato pubblicato subito e da lì ho continuato a scriverne altri.

FRATELLI D'ITALIA
Quando ho ricevuto in prestito da un amico il libro "Terroni" di Pino Aprile, stimato giornalista e scrittore pugliese, ne ho cominciato la lettura con un misto di sufficienza, poiché mi aspettavo di trovare una serie di fatti più o meno noti sulle motivazioni per cui il Sud del nostro Paese versa in condizioni disagiate ed è sottosviluppato rispetto al resto della nazione, ma anche di curiosità, perché il libro prometteva di rivelare una serie di "fatti volutamente rimossi che aprono una sconvolgente finestra sulla facciata del trionfalismo nazionalistico." Quali fatti, mi chiedevo, approcciandomi alla lettura. Cosa c'è ancora da scoprire che già non si sappia sulle cause del degrado e della povertà del Meridione?
E invece non sapevo nulla… il libro racconta invero una serie di sconcertanti e sì, sconvolgenti rivelazioni sull'incredibile violenza che ci è stata fatta, su ciò che il nostro amato Sud era prima di subire il massacro che il Nord del paese ha perpetrato nei nostri confronti, massacro inteso sia nel senso letterale di sterminio, furti, saccheggi, stupri, stragi, distruzione, e in senso più ampio un massacro psicologico, che ci ha portato a sentirci ancora oggi umiliati e discriminati in quanto Meridionali, e soprattutto che ci ha rubato non solo il futuro, nostro e dei nostri figli, quanto mai incerto ed angosciante, non solo il presente, già così difficile, ma perfino, e questa forse è la cosa peggiore di tutte, il nostro passato! Il Sud ha subito un'operazione di lobotomia culturale ed è stato privato della consapevolezza di sè, della sua memoria, della sua identità.
Quando sui libri di storia studiamo l'Unità d'Italia, avvenuta nel 1861 e cominciata con lo sbarco dei Mille a Marsala, impariamo che l'Italia era divisa in due stati indipendenti, il regno di Sardegna al Nord (governato dai Savoia) e il Regno delle due Sicilie al Sud (governato dai Borboni). Al Centro si trovava lo Stato della Chiesa, mentre le regioni del Veneto, Trentino e Friuli erano ancora sotto il dominio dell'Austria. Impariamo che, con lo sbarco dei Mille, cominciò la conquista del Nord dei territori del Sud, che vennero quindi annessi in quello che diventò il Regno d' Italia, sotto un unico re, Vittorio Emanuele II di Savoia.
Io sinceramente non ricordo di aver studiato i dettagli di questa "annessione" in modo particolarmente approfondito; non ricordo di aver letto di massacri, furti, saccheggi, stupri, stragi, torture, fucilazioni in massa, distruzione di interi paesi dati alle fiamme, campi di sterminio… La storia, intesa come cronaca di fatti effettivamente accaduti, è stata censurata, volutamente nascosta, perché questa vergogna e questa intollerabile violenza venisse rimossa non solo dalle coscienze (se coscienza avevano) di chi le perpetrò, ma soprattutto da chi l'ha dovuta subire, perché oggi come allora il Sud possa continuare ad essere violentato in tutti i modi possibili. Il libro ci spiega che quello che i nostri fratelli Italiani del Nord ci fecero (e che continuano a fare oggi in modo diverso) fu così spaventoso che ancora oggi lo si tace nei libri di storia e nelle verità ufficiali, perché l’orrore è indescrivibile ed imperdonabile; il libro ci spiega sia le cause che le conseguenze del fatto che una parte dell'Italia, in pieno sviluppo, fu depredata e condannata a regredire dall'altra, che con il bottino rubato finanziò la propria crescita e prese un vantaggio poi difeso con ogni mezzo e che continua ancora oggi. Ci insegnano ancora oggi nelle scuole che nel Regno delle Due Sicilie nacque il fenomeno del "brigantaggio", bande di feroci assassini che lottavano contro le forze dell'ordine che avevano occupato le loro terre e ucciso il loro popolo, fenomeno che fu strenuamente combattuto dall’esercito dell’invasore fino a reprimere ogni ribellione. Nessuno ci ha detto che l’invasione delle truppe del Nord non debellò il fenomeno del brigantaggio, bensì lo generò, ne fu la causa. Durante l’ invasione nazista della seconda Guerra Mondiale coloro che resistevano agli invasori vennero chiamati partigiani, e sono tuttora, giustamente, ricordati come Eroi nei libri di Storia; i patrioti e i partigiani del Sud, invece, vennero chiamati briganti, e ricordati in eterno nella Storia con l’indelebile marchio dell’ infamia. Pure questo, pure l'orgoglio di avere avuto tanti eroi che hanno perso la vita per difendere la loro terra e la loro libertà ci hanno tolto!
Il lavoro dell'autore del libro è stato esemplare e certosino, con ricerche approfondite basate sui (pochi) testi ancora esistenti sull'eccidio, su testimonianze e studi di storici ed economisti, documenti miracolosamente salvati, atti processuali, diari di soldati e di ufficiali ritrovati dopo un secolo, saggi storici di rinomati studiosi. Ho così scoperto che, prima dell’invasione del Piemonte, il regno delle due Sicilie era il terzo Paese più industrializzato del mondo, dopo l’Inghilterra e la Francia; che aveva il più grosso esercito d’Italia e la flotta più potente del Mediterraneo, e la sua capitale, Napoli, era la terza d’Europa e la prima in Italia per grandezza, popolazione, magnificenza, cultura e arte; era prima in Europa per l’ industria siderurgica, con la produzione di migliaia di tonnellate di ghisa, possedeva fiorenti stabilimenti di cotone, industrie tessili, cartiere, acciaierie, officine meccaniche, altiforni, enormi cantieri navali. La nazione era ricca, e la popolazione viveva nel benessere. Al Nord, invece, vi era grande povertà ed ignoranza; la gente di montagna, il popolo delle campagne e i lavoratori più umili nelle città – ossia la maggioranza della popolazione – viveva negli stenti e veniva vessato da altissime imposte, subendo sia il regime fiscale feudale, sia il controllo poliziesco imposto dal governo piemontese. La pianura Padana, oggi definita da Wikipedia “fertile e ben irrigata, ricca di industrie e di traffici, data la densità della popolazione, la facilità ed il gran numero delle vie di comunicazione interne e di quelle che conducono ai Paesi d'oltr'Alpe”, non era esattamente così fiorente nel 1850; l'agricoltura si concentrava in chiazze intorno alle poche e decadute città, situate presso la linea delle risorgive e allo sbocco delle vallate, mentre l'alta pianura si ricopriva di boschi e la bassa pianura era nella maggior parte paludosa, e quindi improduttiva, ed il Regno di Sardegna era pieno di debiti. I regnanti della casa Savoia organizzarono quindi l’invasione del Regno delle Due Sicilie, avallata e finanziata da Inghilterra e Francia e dalla Massoneria, e Garibaldi sbarcò a Marsala, protetto da navi Inglesi e Borboniche, con i famosi Mille, che altro non erano se non avanzi di galera, ladri e delinquenti assoldati. Come prima cosa, appena sbarcati, confiscarono la Cassa Comunale ed il Banco di Sicilia; ovunque si fermassero i Mille, che man mano divennero migliaia, con l’aggregazione di mercenari ungheresi, polacchi, russi ed inglesi, quasi tutti delinquenti e ladri matricolati senza scrupoli, prendevano possesso delle migliori residenze fino ad arrivare a quella dei Borboni a Napoli, depredando e rubando tutto l’oro del regno, le opere d’arte, i musei colmi di tesori, milioni di ducati, gioielli e preziosi, un tesoro calcolato in circa 443 milioni di lire-oro di allora (cifra stimata dal noto economista Francesco Saverio Nitti, nonché Presidente del Consiglio negli anni Venti, che facendo delle ricerche sul dislivello tra Nord e Sud ebbe modo di accedere alla documentazione del saccheggio), cifra oggi corrispondente a circa 270 miliardi di euro, che uniti agli interessi portano ad un valore stimato di circa 500 miliardi! Un altro studioso, il Professor Gulì, nel suo saggio Il saccheggio del Sud addirittura stima la smisurata cifra di 1500 miliardi di oggi… Tutte le ricchezze rubate al Sud vennero incamerate dal nascente Regno d'Italia al Nord, e così cominciò la crescita di questa parte del nostro Paese.
In un solo anno, da Torino furono prelevati dalle casse del Regno delle due Sicilie 80 milioni di lire, di cui solo 390.625 furono reinvestite al Sud (ovvero, meno dello 0,5%…). Intanto il massacro della popolazione fu perpetrato con inaudita ferocia, sistematicamente, paese dopo paese – venivano uccisi uomini, donne e bambini indistintamente, le loro case saccheggiate, le donne stuprate, interi paesi dati in fiamme, i campi e le aziende distrutti. Dal diario del Bersagliere Carlo Margolfo, ritrovato dopo 114 anni, si legge "entrammo nel paese, subito abbiamo cominciato a fucilare preti, e uomini, e quanti capitavano, poi con i soldati abbiamo saccheggiato e infine abbiamo incendiato il paese" … Giuseppe Ferrari, storico, filosofo e deputato nel nuovo Parlamento del Regno d'Italia, volle andare a vedere di persona cosa stesse accadendo e ne rimase sconvolto per sempre " … vecchi e bambini bruciati vivi nelle case, neonati sventrati con la baionetta, donne e bambine violentate fino alla morte, ancora vive strappavano loro gli orecchini e tagliavano le dita per sfilare gli anelli…". Il politico ritornò a Torino pregando il Parlamento di porre fine alla mattanza, ma fu inutile. Dai suoi scritti, "Se la vostra coscienza non vi dice che state sguazzando nel sangue, non so più come esprimermi!" ! Gli autori del massacro furono perfino premiati per la loro ferocia con medaglie d'oro, onorificenze, menzioni… come il Colonnello Negri, colui che guidò la strage di Pontelandolfo (BN) del 14 Agosto 1861, uno dei paesi letteralmente rasi al suolo, con la quasi totalità della popolazione sterminata, ha una lapide che ricorda "un grande eroe del Risorgimento italiano", mentre circa 20 anni fa il sindaco di Pontelandolfo chiese la medaglia d'oro al paese in ricordo del sangue versato a fiumi, ma l'allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini respinse la richiesta…
Un altro dei macellai del Risorgimento, il Generale Pinelli, si rese responsabile di tali atrocità da suscitare le proteste della stampa straniera e da indurre il Governo ad allontanarlo, non prima però di avergli assegnato una bella medaglia d'oro. I morti (talvolta anche i vivi…) venivano gettati nelle fosse comuni; soltanto a Gaeta fu trovata una fossa con duemila cadaveri, roba da far impallidire le 335 vittime delle Fosse Andreatine, che pietosamente hanno avuto almeno il monumento ai Martiri, mentre nulla toccò a Gaeta e a tutti gli altri morti ammazzati… Lo stesso Garibaldi, 8 anni dopo la mattanza, scrisse che "gli oltraggi subiti dalle popolazioni meridionali sono incommensurabili".
Nei successivi anni dall'inizio dell'invasione vennero incarcerate, anche grazie alla legge Pica che prevedeva l'arresto per chiunque "sembrasse" dissentire dal nuovo governo, circa 60.000 persone, che dovevano restare in galera anche se assolti ; il celebrato Generale La Marmora ordinò che "non vengano scarcerati coloro che hanno finito di scontare la pena!". Ancora, dopo 12 anni dall’inizio del massacro l'Italia aveva il maggior numero di detenuti in tutta Europa, pur non essendo tra i Paesi con maggior numero di abitanti.( A questa cifra si aggiungono circa 18000 deportati nei lager).
Non intendo entrare nei dettagli della carneficina, di proporzioni talmente vaste da inorridire (per chi è interessato al resoconto dettagliato di quanto accadde, rimando al libro citato all’inizio), ma mi sembra importante informare che il giornalista e storico contemporaneo Giordano Bruno Guerri fa un calcolo attendibile di almeno centomila morti, mentre il saggista Lorenzo del Boca stima sette volte tanto, usando il termine “sterminio di massa”, ed ancora, secondo lo storico e scrittore Antonio Ciano, contando anche coloro che morirono nei campi di concentramento, o di stenti e malattie nelle carceri, o coloro che si suicidarono, si arriva ad un milione di morti…
Comunque sia, al termine della guerra, al Sud rimase soltanto la disperazione e la devastazione totale. Fabbriche distrutte, campi bruciati, case rase al suolo, e pochi sopravvissuti. Per dare una mano al Paese devastato, il primo intervento dell’Italia unita fu quello di tassare a sangue il Sud, con imposte altissime compresa l’assurda ”l’imposta di guerra”, ovvero, il Sud ha pure dovuto pagare le spese per essere stato ucciso, depredato ed annientato! Incredibile ma vero, questa immonda e vergognosa tassazione verrà ridotta soltanto nei primi anni del '900.
Tra terreni e interi paesi bruciati, la popolazione ridottasi sensibilmente dopo l'orrenda carneficina, più le selvagge tassazioni di quel poco che ancora era rimasto, il Sud cominciò subito ad impoverirsi e a vivere tra stenti, miseria e malaria. Le malattie cominciarono a dilagare, morirono a migliaia, ed una gran parte della popolazione fu costretta ad emigrare per sopravvivere, e nel Sud, nell'ormai ex regno più splendido del Mediterraneo, rimase soltanto la devastazione, la povertà e il degrado. Intanto lo Stato, con le casse finalmente piene di ducati, cominciò ad investire nel triangolo industriale (Piemonte, Liguria, Lombardia), nel Nord Est, in Toscana, Emilia Romagna e a Roma. Verso la fine del secolo furono stanziati 458 milioni di lire statali (ovvero rubate al Sud) per le bonifiche dei terreni e delle paludi (ricordate quanto vi dicevo prima sulla Pianura Padana?). Di questi soldi, solo 3 milioni andarono al Sud, mentre i restanti 455 furono utilizzati per risanare terre e paludi, impiantare colture più redditizie e quindi aumentare la produzione. I sovvenzionamenti per le scuole andavano ai comuni più ricchi, mentre le tasse scolastiche erano più alte nei comuni più poveri (logico, no?), aumentando così sempre più il divario. Dal 1860 al 1998, per esempio, lo Stato ha speso in Campania 200 volte in meno che in Lombardia, 300 volte meno che in Emilia, 400 volte meno che in Veneto! Cifre pazzesche, che evidenziano una disparità di trattamento da lasciare veramente basiti. E come poteva, come può mai riprendersi il Sud? Ancora, nel ventennio fascista continuò l’opera di affossamento dell’economia del Sud, con l’obbligo per il Sud di produrre grano pesantemente tassato, mentre le fabbriche di armi (naturalmente esentasse) vennero tutte costruite al Nord, che si arricchì così sempre di più. Ancora, dopo la 2a Guerra Mondiale arrivarono in Italia i finanziamenti dagli U.S.A. del piano Marshall per risanare il sistema produttivo, ma i miliardi destinati al Sud, devastato e distrutto dai bombardamenti e ormai quasi privo di fabbriche e di infrastrutture, non avrebbero reso in termini di produttività, così lo Stato stabilì che anche questi soldi dovevano andare al Nord…
Ancora, la prima autostrada in Italia nacque nel 1923, la Milano-Laghi (un’autostrada per andare in vacanza…), e ne seguirono tante altre al punto che negli anni ‘30 l’Italia era il primo paese in Europa per estensione della rete autostradale. Ovviamente, tutte rigorosamente al Nord, tranne la Napoli-Pompei; il Sud ha dovuto aspettare ancora circa quarant'anni… che saranno mai? Soltanto nel 1961 venne infine approvato il piano per l'autostrada incompiuta più famosa d'Italia, il simbolo dell'inefficienza italica per antonomasia, e finalmente nel 1962 sono cominciati i lavori della Salerno-Reggio Calabria, famigerata autostrada che, come si sa, dopo la pazzesca cifra di 52 anni non è ancora stata terminata … A noi Siciliani, per esempio, è andata meglio con la Palermo-Messina, di appena 183 chilometri, cominciata nel 1969 e ultimata nel 2005, dopo appena 36 anni.
La situazione Ferrovie dello Stato non fa eccezione: sono rimasta senza parole quando ho visto sul sito www.trenitalia.com le specifiche dei nuovi treni ad alta velocità ETR 500, quelli che vanno a 300 km/h, con carrozze extra lusso, carrozza ristorante, sala meeting, salottini, sala del silenzio, poltrone reclinabili in pelle, impianto di climatizzazione, prese di corrente per ogni posto, illuminazione al led, ganci appendiabiti in prossimità del finestrino, spazio per bagagli di grandi dimensioni nei vestiboli delle carrozze, 6 monitor per carrozza per visualizzare informazioni sull'andamento del viaggio, news, video e altre notizie utili in continuo aggiornamento, rete WI-FI, due posti attrezzati per disabili che viaggiano su sedia a rotelle e 2 posti per accompagnatori, due toilette per ogni carrozza ed una attrezzata per disabili, fasciatoio disponibile per tutti i clienti… meraviglia delle meraviglie! Chi ha mai visto niente dal genere da Salerno in giù? Con questi treni si percorre la tratta Milano-Roma, di circa 600 km, in meno di tre ore, mentre ad esempio la tratta Palermo-Catania, lunga appena 190 km, viene percorsa dal treno in circa 6 ore … e per andare dalla Calabria all’Emilia il tempo di percorrenza medio è di 21 ore! L’Amministratore Delegato di Trenitalia, intervistato riguardo la situazione disastrata delle Ferrovie al Sud dove non viene stanziato nemmeno un euro per migliorare il servizio, sostiene con brillante logica: “Noi siamo un'Azienda, ci sono tratte con più mercato, e ovviamente privilegiamo quelle, mentre al Sud nessuno prende i treni…“. Eh già, chissà perché! Purtroppo non ha avuto l'illuminazione per capire che forse anche al Sud la gente prenderebbe più spesso i treni se il servizio fosse appena decente. Negli ultimi decenni gli unici interventi effettuati nel Sud sono stati l’eliminazione di una dozzina di passaggi a livello; il 100% dei nuovi treni ETR 500, costati svariati miliardi di euro, circolano nel Nord; le carrozze che sono state sostituite con queste meraviglie extra lusso, ovviamente, sono state mandate al Sud, e senza manutenzione (ricordo nuovamente che lo stanziamento nel Sud è stato di ZERO euro) sono oggi fatiscenti, talvolta infestate dai pidocchi , prive di servizi tranne il gabinetto, quando non è guasto (no, non posso proprio chiamarlo toilette, perdonatemi…) Altro che aria condizionata e poltrone in pelle! Non contenta di avere escluso interamente il Sud dai piani di sviluppo negli ultimi 10 anni, l'azienda Trenitalia ha perfino soppresso alcune linee… nel 2000 nel Sud c’erano ben 1000 km di ferrovia in meno rispetto agli anni '40, quasi tutti a binario unico.
Chiunque dotato di un minimo di intelletto non può non rendersi conto che la produttività è strettamente condizionata dall’efficienza delle infrastrutture, che se si investono miliardi in una parte d'Italia, mentre l'altra la si lascia a secco, la seconda è destinata ad affossarsi sempre di più, ad essere sempre più povera e disagiata. Potrei andare avanti per pagine e pagine con la lista di quanto il Sud sia stato ed è purtroppo ancora soggetto a enorme disparità di trattamento, e penso che solo uno stupido possa pensare che il motivo dell'arretratezza e della povertà di noi Meridionali sia dovuto alla nostra "inferiorità" rispetto ai nostri fratelli del Nord.
Come dice la pubblicità, facile vincere così, no? Con tutti i vantaggi, i sovvenzionamenti, le infrastrutture, gli investimenti, direi che non è così difficile diventare la parte più ricca del paese, cari fratelli del Nord… ricordatevi che 150 anni fa le cose stavano esattamente al contrario, che anche noi siamo capaci e sappiamo lavorare e creare lavoro, e fatevi un esame di coscienza prima di odiarci e di chiamarci terroni con disprezzo, perché non lo meritiamo, perchè il Sud è arretrato in quanto noi non abbiamo avuto le opportunità (e i miliardi di euro) per crescere, perché il Nord si è arricchito e si arricchisce ancora sulle nostre spalle, sin da quando le nostre terre sono state invase e violentate e tutti i nostri beni rubati…
E a proposito della orribile violenza e della strage da cui il nostro disgraziato declino cominciò, vorrei ricordare una bellissima preghiera calabrese risalente al 1874, che in pochi versi riesce a comunicare il profondo dolore, lo sgomento, l'amarezza, l'orgoglio ferito del meraviglioso popolo del Sud che, nonostante tutte le disgrazie ed avversità che ha vissuto, è sempre un popolo di gente per bene, accogliente e calorosa, innamorata della sua bellissima terra, che vuole soltanto vivere in pace con tutti godendosi il calore del sole.
Scesero dal Piemonte allampanati
una razza che mangiava polenta
e a Natale e Pasqua due patate
bestemmiatori orrendi e miscredenti
e facce toste e ladri matricolati
superbi, dispregiatori, impertinenti
siedono all'ombra e fanno tavolata
col sudore che noi buttiamo ardente
e della terra nostra divenimmo coloni
e loro proprietari

Questo articolo, decisamente più leggero, è nato dalla mia curiosità sulle radici di alcune parole siciliane, e mi è sembrato un argomento interessante da condividere.

LINGUA O DIALETTO?
BREVE GUIDA SULL' ETIMOLOGIA DEL SICILIANO
Per chi ha la curiosità di conoscere le origini del dialetto siciliano, cominciamo con il definirlo nel modo corretto. Per lo Stato Italiano il Siciliano è un dialetto, mentre l'UNESCO lo ha riconosciuto come lingua madre, e considera quindi i Siciliani come popolo bilingue. Lo status di lingua madre deriva dalla sua peculiarità e complessità, che la distinguono nettamente dalla lingua Italiana. Infatti il Siciliano è una lingua che non deriva dall'Italiano, ma direttamente dal latino, ed è una lingua unica al mondo poichè è un miscuglio di diversi idiomi e lingue, data l'incredibile quantità di dominazioni da parte di diverse popolazioni che la nostra amata isola ha subito nel corso dei millenni, e che qui riassumo brevemente :
– Fenici e Greci, dal VIII secolo A.C.;
– Romani, tra il II secolo A.C. e il V secolo D.C.;
– Vandali, Goti, Ostrogoti (Germania), nel V secolo;
– Impero Bizantino (Turchia), nel VI secolo;
– Arabi, Persiani, Berberi, nel VII secolo;
– Normanni (Scandinavia), nel X secolo;
– Angioini (Francia), nel XII secolo;
– Aragonesi (Spagna, lingua Catalana), nel XII secolo;
– Borboni (Spagna, lingua Spagnola/Castigliana), nel XIV secolo;
– Italiani, nel 1860
Con l'arricchimento culturale e linguistico di tutte queste dominazioni, non poteva che venir fuori una lingua unica nel suo genere, principalmente influenzata dal greco, dal latino, dall'arabo, dal provenzale, dal catalano, dal castigliano e dall'italiano. Mi sono divertita a cercare l'origine di varie parole, e ne ho trovate tante dall'etimologia insospettabile… sapevate per esempio che il nostro adorabile termine mischino deriva dall'arabo miskìn? E crastu dal greco kràstos? E quasiette dal francese chausettes? Ecco un elenco di alcuni dei termini più curiosi…
Derivazione greca :
– annacàri (dondolare) – naka
-‘ntamatu (imbranato) – thauma
– appizzari (sprecare, perdere) – épeson
– babbaluci (lumache) – boubalàkion
– babbiari (scherzare) – babazo
– cirasa (ciliegia) – kerasos
– crastu (montone) – kràstos
– cammisa (camicia) – poucamiso
– nico (piccolo) – nicròs
– pistiari (mangiare) – esthìo
– pitrusino (prezzemolo) – petroselinon
– tuppuliari (bussare) – typtò
– vastaso (maleducato, cafone) – bastazu
I seguenti invece derivano dall'arabo:
– balata (pietra) – balat
– càlia (ceci abbrustoliti) – hàliah
– cassata – qashata
– giurana (rana) – jranat
– mischino (poverino) – miskìn
– taliari, talè (guardare, guarda) – talà
Influenza dal francese/provenzale:
– accattari (comprare) – acheter
– accia (sedano) – ache
– addumari (accendere) – allumar
– appujari (appoggiare) – appuyer
– buatta (latta, barattolo) – boite
– lariu (brutto) – laid
– fuoddi (pazzo) – fol
– mustazzi (baffi) – moustache
– parrinu (prete) – parrin
– picciotto (ragazzo) – puchot
– quasiette (calze) – chausettes
– racìna (uva) – raisin
– raggia (rabbia) – rage
– travagghiari (lavorare) – travailler
Dal Catalano (Spagna):
– abbuccari (cadere di lato, inclinare) – abocar
– accuparisi (soffocare) – acubar
– addunarisi (accorgersi) – adonarse
– affruntarisi (vergognarsi) – afrontarse
– anciova (acciuga) – anxova
– arricugghirisi (rientrare) – recollirse
– arriminari (mescolare) – remenar
– banna (lato, da cui ‘ddabbanna (là) e 'ccabbanna (qua) – banda
– capuliari (tritare) – capolar
– ‘nzirtari (indovinare) – encertar
– pila (lavello, vasca) – pila
– priàrisi (rallegrarsi) – prearse
– sgarrari (sbagliare) – esguerrar
– stricari (strofinare) – estregar
Dal Castigliano (Spagna):
– ajeri (ieri) – ayer
– cucchiara (cucchiaio) – cuchara
– curtigghiu (pettegolezzo) – cortijo
– isari (alzare) – izar
– scupetta (fucile) – escopeta
– palumma (colomba) – paloma
– pigghiari (prendere) – pillar
– pignata (pentola) – pinata
– simana (settimana) – semana
– struppiarisi (farsi male) – estropear
– zita (fidanzata) – cita
Non è una meraviglia questa nostra lingua, creata da tante lingue diverse? Naturalmente di alcuni termini o modi di dire non si conosce l’origine, e alcuni sono, secondo me, talmente efficaci da essere impossibili da tradurre in italiano… per esempio, come si può tradurre in italiano l'espressione 'nca chi?
In conclusione, sia essa una lingua o un dialetto, il Siciliano è la nostra storia, le nostre radici, ed è piacevole di tanto in tanto utilizzarlo quando risulta più efficace dell’Italiano, come nel caso della nostra esclamazione più famosa, talvolta davvero insostituibile a seconda della situazione!

Questo articolo, invece, è una riflessione su come è cambiata, in peggio, la nostra società, e come la crisi abbia cambiato le abitudini e la vita di moltissime persone nel nostro paese.

I NUOVI POVERI : RIFLESSIONI SULLA NUOVA CATEGORIA SOCIALE NELL'ERA DELLA CRISI
Tutto è cominciato intorno al 2011… fino a quel momento avevamo vissuto una vita tutto sommato tranquilla, in un Paese che offriva lavoro, opportunità e benessere. Eravamo in un Paese dove si viveva bene, un Paese annoverato tra i più avanzati del mondo, e consideravamo il nostro stato di benessere come un dato assodato, dovuto, come qualcosa di assolutamente normale. Ci siamo trovati un lavoro, come tutti, ci siamo sposati, come tutti alla fine, e abbiamo fatto figli, senza avere nemmeno un lontano sentore che un giorno tutto questo sarebbe cambiato così drammaticamente.
All'improvviso, infatti, i giornali, i notiziari, i programmi di approfondimento hanno cominciato ad informarci che il nostro Paese era in CRISI, in recessione, e che ci aspettavano tempi duri, anzi, durissimi! Ci hanno anche informato che la crisi c'era già dal 2008/2009, ma misteriosamente non se ne era mai parlato prima. Noi non capivamo. Non ci rendevamo conto di cosa stesse accadendo, le cose andavano bene, ma dov'è questa CRISI, da cosa era stata provocata? Il governo ha quindi cominciato a parlare di sacrifici, di "lacrime e sangue", di austerità, naturalmente riferita a noi cittadini e non certo alla casta, che continua imperterrita a gozzovigliare allegramente come se nulla fosse, nemmeno sfiorata dal dramma che viviamo noi cittadini ogni giorno. Il governo del "Professore", immediatamente approntato per far fronte a questa misteriosa CRISI, ha subito varato riforme per strangolare e dissanguare i più deboli (tra cui aumento dell'IVA e riforma delle pensioni), riassunte nel cosiddetto decreto Salva Italia, che, ironicamente, l'ha invece affossata e spinta nel baratro, nel quale sta ancora precipitando.
Era l'inizio della fine.
Noi cittadini ci siamo resi conto che la situazione era seria, e abbiamo cominciato e non fare più acquisti e a spendere come prima, per timore della CRISI, ed ecco che i negozi, le aziende, le fabbriche, le imprese, una dietro l'altra hanno cominciato a fallire e quindi a chiudere. Centinaia di migliaia di persone si sono trovate disoccupate da un giorno all'altro, senza nemmeno capire il perchè. (Oltre 1.800.000 posti di lavoro persi dal 2008 al 2014, oltre 116.000 aziende chiuse – La regione più colpita dal disastro? Ovviamente la Sicilia.) (Fonte : IlSole24ore)
I più fortunati sono riusciti a trovare un altro impiego, mentre la categoria degli over 50 è stata probabilmente la più colpita dall'immane disastro, e non è mai più riuscita a risollevarsi. Molti hanno perso la casa, i risparmi, tutto ciò che erano riusciti a conquistare nella loro vita. Molti si sono suicidati, incapaci di accettare la nuova realtà, disperati perchè sentivano di avere fallito e di avere sprecato la propria vita.
La generazione dei ventenni/trentenni si è trovata all'improvviso nell'impossibilità di cominciare una vita lavorativa normale, di formare una famiglia, e i nostri giovani, i nostri figli hanno cominciato ad emigrare, come si faceva all'inizio del secolo. Quelli che sono rimasti passano, se lo trovano, da un lavoro sottopagato ad un'altro, con paghe vergognose da terzo mondo, sfruttati e trattati come schiavi, pagati con voucher o in contanti, senza l'ombra di un contratto e quindi della speranza di avere un giorno una pensione. Questa è la nostra realtà oggi, è un dato di fatto.
Ed ecco com'è comparsa la nuova categoria sociale, inesistente in Italia fino ad adesso : I NUOVI POVERI.
I nuovi poveri sono tutti coloro che non sono nati poveri; sono coloro che facevano parte della cosiddetta classe media, oggi quasi scomparsa, sono figli di impiegati o insegnanti o commercianti, sono persone con una buona cultura ed educazione, che hanno studiato, sono colti, abitavano in zone residenziali, avevano un buon lavoro e un buon tenore di vita. Oggi invece sono diventati poveri; vivono in periferia, guidano macchine vecchie (se hanno la fortuna di averne una), comprano i vestiti dai cinesi o al mercatino, non viaggiano più, non vanno più a mangiare una pizza con gli amici, hanno tagliato tutte le spese, incluse quelle sanitarie. Il nuovo povero non si riconosce subito; infatti, nei primi due o tre anni riesce a conservare l'aspetto di una persona benestante, continuando ad usare tutti quegli oggetti che possedeva quando guadagnava uno stipendio degno di tal nome, ma, quando le scarpe e le borse diventano vecchie e i vestiti lisi, ecco che cambia il suo aspetto e la sua povertà diventa visibile a tutti.
Questa categoria di persone si trova in una zona indefinita, come in un limbo, e non viene riconosciuta come simile dalle altre categorie sociali. Coloro che sono ancora benestanti, e hanno un amico o amica caduta in disgrazia, tendono solitamente ad allontarsene fino a escluderla del tutto dalla loro vita; semplicemente, fanno finta di non vedere, di non sapere, di non capire. E' più facile così. Forse in fondo provano anche un sottile senso di colpa nel farlo, ma la verità è che si trovano a disagio con loro, non vogliono vedere le loro difficoltà e i loro stenti, preferiscono cancellarli e continuare la loro vita pensando soltanto a se stessi. La stragrande maggioranza dei nuovi poveri si è trovata in questa situazione, ma è proprio in questi momenti che si riconoscono i veri amici, coloro che non solo non si allontanano e non ti abbandonano, ma anzi fanno di tutto per aiutarti. Il vero amico si riconosce nel momento del bisogno… Quanta saggezza nei proverbi popolari.
L'altra categoria sociale, i nati poveri, quelli che hanno sempre vissuto in condizioni di povertà o comunque disagiate, e limitate possibilità economiche, guarda ai nuovi poveri con un misto di diffidenza e superiorità. Nemmeno loro li riconoscono come simili. Vedono la differenza nel loro modo di parlare e il loro linguaggio, nelle maniere e il modo di vestire. Capiscono che non appartengono al loro mondo, e quindi non si fidano. In alcuni casi, dopo l'iniziale diffidenza, i nati poveri accettano i nuovi come loro simili, e magari cominciano pure a solidalizzare con loro; in altri, si mostrano ostili o aggressivi, e si divertono ad intimorirli. Quasi sempre quindi, e da tutte le categorie sociali, il nuovo povero sarà considerato come un estraneo, un outsider, e trattato come un emarginato, un paria.
Come si sentono i nuovi poveri? Alcuni quasi si vergognano, anche se non ne hanno motivo. Altri provano rabbia, altri si rassegnano, alcuni cadono in depressione, altri si adattano e trovano un loro equilibrio nel diverso modo di vivere che adesso è diventata la loro realtà. Dobbiamo prendere coscienza e accettare il fatto che la nostra vita è cambiata per sempre, e non tornerà più com'era prima, o almeno non per molti anni ancora. E non dovremmo mai etichettare le persone a seconda della loro condizione economica, o del lavoro che fanno, ma solidarizzare con chi è stato meno fortunato di noi, quasi sempre non per sua colpa. In fondo, data l'incertezza e la precarietà di quasi tutte le situazioni lavorative di oggi in questa società malata, domani questa sorte potrebbe toccare a noi.